Francesco Maria Raineri detto Schivenoglia
“Santa Teresa d’Avila”, ca. 1730-35, olio su tela, cm 55x92
 

Breve sunto della Sua vita

Nasce a Schivenoglia, il 2 febbraio 1676, quinto di sette figli, tre femmine e quattro maschi, da Angelo e Laura Tomirotti. Ambedue le Famiglie sono benestanti avendo possedimenti, case e terreni in Schivenoglia e nei paesi vicini. La mamma muore pochi mesi dopo il parto della settima figlia Vittoria lasciandoli orfani ancora in tenera età. La primogenita Anna Maria era nata nel 1669, l’ultima Vittoria nel 1681.Per questo motivo, forse, avendo la madre parenti nell’ordine sacerdotale (infatti, oltre al Tomirotti don Ludovico 1667-1693, estensore dell’atto di nascita, ancora un Tomirotti don Ludovico fu parroco a Schivenoglia negl’anni 1731-1744 ed ancora in precedenza anche un Tomirotti don Giovanni 1631-1667 era stato parroco nella nostra chiesa, e troviamo ancora un Canonico Tomirotti economo in Capitolo Cattedralis, come risulta dalla busta n° 654 serie “fatture e pagamenti”), è possibile che il nostro sia stato avviato, dal padre, per l’erudizione a Mantova, presso un collegio o convitto religioso, dove oltre il normale insegnamento del leggere e scrivere e far di conto avrà appreso anche il gusto per l’arte dato che in quel tempo ancora nella nostra città esistevano notevoli capolavori sparsi tra la reggia dei Gonzaga, il Te, le case patrizie, e le chiese, non però abbandonando mai la vita ecclesiale a cui, forse, l’avevano frettolosamente avviato. Così nel decennio che precede la fine del secolo 1600, arrivando a Mantova da Parma il pittore Giovanni Canti preceduto dalla fama di pittore di battaglie e paesaggi, il nostro Francesco Maria andò nella di Lui bottega ed apprese tanto bene le nozioni sulla tecnica pittorica e studiò con notevole dedizione i dipinti e le tele degl’antichi pittori da arrivare ad avere una padronanza nella figura del corpo umano tale da suscitare l’ammirazione ed i riconoscimenti dei colleghi, superando di gran lunga il suo maestro. Nelle carte della Cattedrale di Mantova è dimostrata l’attività come pittore dello Schivenoglia, infatti, fin dall’inizio del secolo era a servizio delle Autorità Ecclesiali tanto che risultava creditore di ben 1100 lire, somma notevole per l’epoca, per lavori svolti per la Mensa Vescovile. In più di una sessantina d’anni d’attività intensa ha lavorato per chiese, per famiglie nobili, con temi di vario soggetto, ritratti, battaglie e paesaggi, santi e scene sacre. Ha eseguito lavori su tela, su tavola, affreschi, suscitando sempre stupore, interesse, critiche ma anche immancabili stroncature dovute più al difficile carattere e i non sempre felici rapporti con taluni notabili dell’epoca che per il lavoro svolto. La produzione comunque certa dimostra che fu invece un eccellente Pittore dalla personalità vivace ed originale, sicuramente unico nel panorama pittorico non solo mantovano del tempo, con un linguaggio, a volte, surreale e deformante nella rappresentazione delle scene e delle persone, ma che sa rivestire il dipinto sempre di un atmosfera pregnante dolcezza ed eleganza. Sicuramente era di carattere schivo, solitario, scostante, scontroso, costantemente insoddisfatto, tanto che sembrava trovare pace solo immergendosi nella “Sua” pittura. Nel 1753, istituita da Maria Teresa D’Austria l’Accademia di Belle Arti, il Nostro ne fu nominato primo direttore, carica che, di fatto, mantenne per pochi mesi e con non poche critiche, divergenze ed atteggiamenti irriguardosi nei suoi confronti da parte dei “soliti” del tempo. Cosa questa, che determinò, da subito dopo la morte, l’abbandono della memoria del Nostro cancellandone nei più il ricordo. Oggi invece dopo due secoli e mezzo per interessamento di pochi sembra riemergere dall’oblio la pittura eclettica, tormentata, essenziale, immediata, a volte dissacrante a volte struggente dello Schivenoglia. Rileggiamo nei suoi quadri il movimento delle figure, la frenesia e i concitati movimenti delle battaglie, le torsioni tormentate dei corpi feriti e nello spasimo ultimo, la dolcezza delle figure in estasi, e quelle caritatevoli che assistono confortanti. Tanto abbiamo letto, pittore barocco, barocchetto, rococò, crisai, ricorda questo o quello, la tal scuola; giudizi questi espressi da tanti autorevoli studiosi che si sono limitati però a giudicare il nostro Pittore solo per confronto o paragone ad Altri, senza cercare invece, di capirLo per quello che veramente ha voluto essere ed ha voluto rappresentare e dire.Noi pensiamo che sia stato soltanto un Bravo pittore, vero, passionale, spontaneo, modesto, lontano dalle mode e dai facili consensi, uno che a nostro modestissimo avviso dipingeva, anche quando era su commissione, per se e le proprie idee, sempre e solo interpretando il Proprio credo e la Propria realtà. Possiamo essere fieri che un simile “Soggetto” nato qui, nel nostro paese, abbia sempre voluto dichiararsi “Schivenoglia” Francesco Maria Raineri.

G. Spadini


“Santa Teresa d’Avila”, dipinto veramente bello, dai colori vivi e freschi, armonioso nel disegno e ben costruito, strutturato per essere visto dal basso verso l’alto con una geometria centrale a salire. La figura della Santa in estasi sta per essere accolta fra le braccia della Madre Santissima che la premia con una collana od un rosario in un tripudio di putti portanti fra le nuvole. Ai piedi della Santa altri puttini stanno come valutando quanto scritto nelle regole dell’ordine Carmelitano da Lei istituito nel 1562. E’ accompagnata nella rappresentazione iconografica da due altre figure, in alto a destra, per chi guarda. In quella maschile nell’atto così affezionato e devoto, pensiamo di riconoscere San Giovanni della Croce, con il giglio della purezza, mistico e poeta spagnolo e dal 1926 dottore della Chiesa, il quale conobbe Santa Teresa nel 1567 prima come seguace, poi collaboratore, infatti, fu associato a Lei nel riformare l’ordine, e da ultimo fu fondatore di numerosi Conventi di Carmelitani Scalzi. Nella figura femminile vediamo invece, in completo abbandono e dedizione alla volontà Suprema, ma anche con l’espressione di chi chiede e raccomanda alla Medesima un accoglimento benevolo, la veneranda Serva di Dio Suor Chiara della Passione, anch’essa Carmelitana Scalza, e più volte ripresa dal Nostro. Non sappiamo da che Chiesa proviene l’opera e se mai è stata una Chiesa che l’ha ospitata. Probabilmente, pensiamo, trattarsi di un’opera commissionata allo Schivenoglia da una Famiglia Nobile per la Cappella del proprio palazzo, dato anche le modeste misure (cm.55 x cm.92), ed è verosimilmente dipinta tra gl’anni 1730-1735.

G. Spadini